Internet 2004Calvo, Ciotti, Roncaglia, Zela
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Appendice C
Internet e l'11 settembre - un caso di studio * 

L'11 settembre 2001 ha rappresentato anche per Internet una data di importanza capitale. Non tanto perché - come è invece accaduto per le relazioni geopolitiche internazionali - gli avvenimenti dell'11 settembre abbiano cambiato il volto della rete: le funzionalità e gli strumenti offerti da Internet erano il 12 settembre 2001 gli stessi del 10 settembre. A cambiare - in parte nelle more dell'emergenza, in parte nelle settimane e nei mesi successivi - è stata invece la percezione da parte degli utenti delle caratteristiche e delle potenzialità di Internet come strumento di comunicazione di massa. È cambiato dunque, almeno in parte, il modo di usare la rete, e sono cambiati, almeno in parte, modelli e stili della comunicazione di rete. L'esplosione di un fenomeno come quello dei weblog, ad esempio, è stata indubbiamente influenzata da un momento nel quale ciascuno (e soprattutto gli utenti statunitensi) ha percepito con chiarezza di vivere avvenimenti di portata storica, davanti ai quali si presentava immediata l'esigenza di 'dare testimonianza', informarsi, discutere. E dopo l'11 settembre è diventata centrale, probabilmente per la prima volta, una dimensione della rete che certo esisteva anche prima ma che aveva raramente sollecitato un'attenzione o una riflessione specifica: quella di Internet come luogo e deposito di memoria collettiva.

Va anche considerato che, nonostante la natura globale e transnazionale della rete, gli Stati Uniti non sono certo per Internet una nazione fra le altre: la rete è nata negli Stati Uniti, e negli Stati Uniti prima e più che altrove è diventata strumento collettivo di comunicazione: colpendo - con la città di New York - il cuore degli Stati Uniti, i tragici avvenimenti dell'11 settembre hanno in qualche modo colpito qualcosa di molto simile al 'centro' della rete, per quanto improprio risulti il parlare di centro a proposito di una struttura programmaticamente distribuita e decentralizzata come Internet.

Per questo insieme di motivi, ci è sembrato utile includere in questo manuale qualche considerazione sull'11 settembre in rete: il modo nel quale Internet è stata utilizzata durante e dopo quella tragica giornata rappresenta non solo un 'caso di studio' particolarmente interessante, ma anche un aiuto per capire le funzionalità comunicative e il ruolo sociale ormai assunto della rete.

Abbiamo diviso questa appendice in quattro sezioni: la prima è dedicata al funzionamento delle infrastrutture di rete in una situazione di emergenza, e discute il modo in cui Internet ha 'reagito' nelle ore immediatamente successive all'attacco terroristico: si è parlato spesso di un vero e proprio 'blocco per congestione' della rete nelle sei o sette ore successive agli attentati, ma come vedremo la realtà è assai più complessa e articolata. E, probabilmente, è anche in grado di insegnarci qualcosa.

La seconda sezione è dedicata al progressivo emergere, nei giorni, nelle settimane e nei mesi dopo l'11 settembre, di nuove tipologie di siti e di modelli comunicativi. Esamineremo alcune di queste tipologie e ci interrogheremo sulla loro evoluzione di medio e lungo periodo, soffermandoci anche sul consolidamento, nei mesi successivi e poi durante e dopo gli interventi militari statunitensi in Afghanistan e in Iraq, di alcune funzionalità 'di servizio' della rete, legate al progressivo trasformarsi dell''emergenza terrorismo' in fattore permanente che richiede specifiche forme di preparazione e awareness.

La terza sezione è dedicata a Internet come 'terreno di scontro', e a una breve discussione delle minacce di cyberterrorismo legate agli avvenimenti dell'11 settembre.

La quarta sezione discute l'aspetto di Internet forse più radicalmente mutato in conseguenza degli avvenimenti dell'11 settembre: la rete come deposito di memoria collettiva.

Il funzionamento delle infrastrutture e dei servizi di rete in una situazione di emergenza

Un aeroplano si è schiantato sul World Trade Center. Mi spiace non poter linkare a nient'altro che alla pagina principale della CNN, ma non ci sono ancora pagine informative complete al riguardo. L'aeroplano si è schiantato sull'edificio circa sei minuti fa, stando a quanto dice la televisione. Siamo circa sessanta isolati a nord, e possiamo vedere il fumo sulla skyline.

Sono le 5:58 del mattino, ora del Pacifico, le 8:58 a New York. Questo intervento, inviato pochissimi minuti dopo l'impatto del primo aereo contro il World Trade Center e firmato 'Karen', apre su Metafilter (http://www.metafilter.com/mefi/10034/) una lunghissima catena di messaggi che seguiranno minuto per minuto l'evolversi della giornata. È un intervento già indicativo: la fonte informativa primaria è la televisione, attraverso la quale Karen segue gli avvenimenti. La funzione di Internet è diversa: innanzitutto, la rete permette a Karen - e a tutte le migliaia di persone che in una forma o nell'altra scriveranno in rete nelle ore successive da New York e Washington (e non solo) - di portare immediatamente una testimonianza personale ("possiamo vedere il fumo sulla skyline"). Inoltre, la rete compare da subito come strumento per l'approfondimento delle notizie, anche di quelle di strettissima attualità, attraverso la consultazione e il confronto di fonti informative diverse ("mi spiace non poter linkare ad altro che alla pagina principale della CNN": la prima preoccupazione di Karen, accanto a quella di fornire l'informazione primaria, è evidentemente quella di fornire link; il non poterlo fare, pur se a pochi istanti dall'avvenimento, è motivo di frustrazione).

Cosa è successo a Internet, nei minuti e nelle ore immediatamente successivi all'attentato? Per molti utenti, la prima esperienza è stata quella di una sorta di 'blocco da sovraccarico' della rete: un numero sterminato di persone ha cercato di collegarsi ai principali siti informativi, rendendoli di fatto quasi irraggiungibili: già un'ora dopo gli attentati, e per le cinque o sei ore successive, i siti della CNN, del «New York Times», ma anche - ad esempio - quelli di «Repubblica» in Italia, di «Le Monde» in Francia, e così via, si sono rivelati incapaci di fronteggiare l'enorme numero di richieste. "Davanti alla prima, vera emergenza della sua storia, Internet è crollata", hanno scritto alcuni01. La realtà però è assai diversa, e assai più complessa. Proviamo ad ascoltare un'altra voce, quella di Mike Daisey, che scrive sul suo sito Web alle 13.52 dell'11 settembre:

Sto scrivendo queste righe dal centro di New York. Paradossalmente, non ho alcun modo per contattare nessuno tranne che attraverso la mia connessione wireless ad alta velocità alla rete: i telefoni non funzionano, e l'elettricità in quest'area è intermittente. Alla fine, i media potranno raccontare ciò che è successo meglio di quanto non possa fare io, ma posso dire subito che c'è stata sicuramente un'enorme perdita di vite umane. Il cielo è nero di cenere, la gente è nel panico e fugge terrorizzata. Non ho mai visto nulla di simile. È assai difficile respirare, anche con la bocca coperta: le strade sono invase dalla cenere portata dal vento, che brucia gli occhi. Sembra la fine del mondo02.

Per Daisey, poco dopo il crollo delle due torri, Internet non è uno strumento inutile perché paralizzato dal sovraccarico di richieste. Al contrario, è il solo strumento di comunicazione funzionante. Come si spiega questo paradosso?

La risposta è nella struttura stessa della rete. Internet, sappiamo bene, non è una struttura rigida e centralizzata. Nasce dall'intreccio di reti e sottoreti dalle caratteristiche fisiche anche molto diverse, percorse da canali di comunicazione interconnessi e ridondanti ma anche funzionalmente indipendenti. Il blocco di alcune linee, il sovraffollamento di alcuni fra i siti più noti, non può paralizzare la rete nel suo complesso. E così, nelle ore immediatamente successive agli attentati, "mentre i principali siti informativi risultavano congestionati, il traffico si indirizzava verso siti alternativi, come Slashdot.com, che offrivano riassunti ottenuti attraverso il copia e incolla di informazioni ricavate dai siti commerciali. Si è trattato di qualcosa di simile a una raccolta collaborativa di informazioni, nella quale molti raccoglievano e pubblicavano voci e notizie: come risultato, questi siti offrivano a ogni utente l'accesso a più fonti informative di quante egli avrebbe potuto reperire da solo"03. Il sito di Mike Daisey rappresenta così una delle molte voci di un quadro informativo che non dipende più da pochi siti 'centrali' di riferimento - quelli dei grandi network informativi, che risultano irraggiungibili - ma piuttosto dalla creazione collaborativa e spontanea di punti di raccolta alternativi, di 'mirror', di reti di rimandi tutti funzionali allo sforzo comune di sapere cosa stia succedendo e di cominciare a rifletterci sopra. È la natura stessa della rete ad aiutare: "Internet è nata per questo tipo di attacchi. Non si poteva raggiungere nessuno telefonicamente, ma Internet ha continuato a funzionare. Oggi i sistemi di instant messaging sono stati una risorsa indispensabile. Questo è ciò per cui la rete è nata. Il tempo di guerra." Lo scrive a fine giornata Caron Merrill, della Hurwitz Inc. di Boston04.

Nessuna paralisi della rete, dunque, ma risposte diverse da parte di servizi, sottoreti, siti diversi. In generale, il sovraccarico di traffico ha paralizzato i siti 'centrali' di riferimento (con un effetto molto simile a quello degli attacchi informatici di tipo 'denial of service': i server sono sovraccarichi di richieste e non riescono ad esaudirle) e ha fortemente penalizzato la comunicazione basata su contenuti multimediali complessi, più 'pesanti' in termini di byte. Mentre funzionalità come l'e-mail e i sistemi di instant messaging hanno retto bene, dimostrandosi meno vulnerabili della stessa rete telefonica. E lo stesso Web ha dimostrato una immediata capacità di reazione, affidata alla ricerca, raccolta e duplicazione spontanea dell'informazione, disseminata su una ragnatela di siti spesso interconnessi, 'poveri' dal punto di vista multimediale, non gravati da grafica complessa, banner pubblicitari, animazioni.

Anche i siti commerciali, del resto, hanno adottato immediate contromisure. Nel giro di poche ore, ad esempio, il sito della CNN decide di abbandonare la sua veste abituale - piuttosto 'pesante' - a favore prima di un articolo riassuntivo corredato di una foto, poi di una semplice raccolta di 'strilli' (collegati ipertestualmente ad articoli essenziali e privi di orpelli grafici) raccolti sotto il titolo 'America under attack' assieme a una singola immagine, fortemente compressa (ma cambiata ogni pochi minuti) e impaginata in modo che il suo eventuale mancato caricamento non pregiudichi la visualizzazione del resto della pagina. Il peso della home page della CNN è così ridotto a meno di un decimo di quello abituale, con un deciso incremento nella capacità del server di soddisfare richieste05.

Almeno alcune fra le lezioni da trarre da quanto accaduto in rete nella tragica giornata dell'11 settembre dovrebbero risultare abbastanza evidenti da quanto abbiamo esposto finora.

Innanzitutto, in una situazione di emergenza sono fondamentali i sistemi di comunicazione più rapidi, più decentrati e a minor richiesta di banda: a cominciare da e-mail e sistemi di instant messaging. Per evitare che questi sistemi siano penalizzati da sovraccarichi nella comunicazione via Web, è importante che siano gestiti da computer diversi rispetto a quelli nei quali sono installati server Web. In particolare, i mail server di strutture sensibili dovrebbero sempre risiedere su macchine indipendenti.

Figura 131
Figura 131 Sono le 12.34 dell'11 settembre: la home page del sito CNN ha rinunciato a ogni appesantimento grafico

In secondo luogo, i principali siti informativi, ma anche i siti di riferimento nell'ambito della pubblica amministrazione, dovrebbero tutti disporre della possibilità di passare, con brevissimo preavviso, dall'impaginazione 'normale' a una impaginazione di emergenza. Una impaginazione spartana e priva di ogni orpello grafico, capace di risparmiare la maggior quantità possibile di banda.

In terzo luogo, se - come ci si poteva aspettare - risulta pienamente confermato il ruolo fondamentale della ridondanza dell'informazione come strumento per far fronte alle situazioni di crisi, assai meno ovvio era che questa ridondanza potesse essere almeno in parte 'costruita' collaborativamente nel momento del bisogno. L'11 settembre ci ha insegnato che questa costruzione collaborativa di ridondanza, associata alla realizzazione di una vera e propria rete di nodi informativi alternativi capaci di funzionare anche come filtri e concentratori di notizie, costituisce una risposta immediata e quasi naturale della rete a una situazione di improvvisa emergenza. Naturalmente, una reazione spontanea di questo tipo comporta inevitabilmente problemi di attendibilità e verifica delle fonti, e può rappresentare il terreno di coltura ideale per leggende di rete di ogni genere (che non sono certo mancate in occasione dell'11 settembre). A mitigare almeno in parte questo problema è però la confortante constatazione che proprio la collaborazione spontanea nella raccolta e nello scambio di informazioni tende quasi automaticamente a divenire collaborazione anche nella verifica delle notizie inviate. In molti casi, informazioni inesatte e voci incontrollate sono state così corrette con estrema rapidità dai messaggi di altri utenti, non di rado osservatori diretti degli eventi in corso. È possibile ipotizzare che in una situazione di emergenza la partecipazione diretta allo scambio informativo su Web da parte di portavoce delle principali agenzie governative interessate - non con funzione di censura o di controllo ma con la pura funzione di integrare l'offerta informativa fornendo notizie di provenienza affidabile e certificata - possa aumentare l'efficienza di questo processo spontaneo.

L'11 settembre questa partecipazione 'ufficiale' è mancata, ed in effetti un'altra lezione importante riguarda proprio i siti più rilevanti da questo punto di vista. Il funzionamento dei principali siti governativi statunitensi nelle prime ore dell'emergenza è stato infatti tutt'altro che soddisfacente, non solo per problemi di disponibilità di banda:

Mentre un insieme di canali informativi lavorava sensa sosta, un altro insieme chiave di canali ha smesso quasi completamente di funzionare. Lo sviluppo concitato degli avvenimenti a New York e Washington ha portato martedì a un'apparente paralisi della governance, almeno nel caso dei siti Web delle agenzie governative. L'evacuazione dello staff dagli edifici chiave ha di fatto lasciato non presidiati i canali informativi. Solo la U.S. Federal Emergency Management Agency (FEMA: http://www.fema.gov) è apparentemente rimasta operativa e con la capacità di reagire agli eventi, mentre per ore il sito della Casa Bianca ha continuato a mostrare un comunicato del giorno precedente, sulle preoccupazioni del presidente Bush per l'economia nazionale. Solo verso mezzogiorno è stata inserita una breve dichiarazione del Presidente, e una dichiarazione appena più lunga è stata aggiunta ancora più tardi, nel pomeriggio06.

Evidentemente, anche i più sensibili fra i siti centrali della pubblica amministrazione statunitense non prevedevano - o non sono stati capaci di attivare - procedure decentrate di gestione ed aggiornamento delle proprie pagine Web. Una realtà paradossale, considerando che la possibilità di 'delocalizzazione' fisica dei siti e delle loro strutture di gestione è uno dei principali e più noti vantaggi offerti dalla rete!

Infine, un'ulteriore lezione specifica che si può trarre riguarda la formazione dell'utenza. Chi l'11 settembre si è limitato a cercare (invano) di collegarsi a pochi siti 'di riferimento', sovraccarichi e di fatto paralizzati, oltre a contribuire all'intasamento delle linee e al sovraccarico dei siti contattati ha sicuramente avuto un'immagine della rete ben diversa rispetto a chi invece ha avuto la capacità di seguire percorsi meno scontati, e trovare risorse informative meno affollate. E, se passiamo all'utenza 'attiva' che ha in un modo o nell'altro vissuto direttamente gli avvenimenti dell'11 settembre, chi ha avuto la capacità di usare la rete come canale per condividere le proprie esperienze e le proprie informazioni ha potuto contribuire a un processo probabilmente senza precedenti: la costruzione collettiva e distribuita di una rete di informazioni certo disordinata e sovraccarica, ma come abbiamo visto dotata anche di meccanismi spontanei di filtraggio e aggregazione delle notizie. Un ruolo ben diverso da chi ha reagito all'emergenza attaccandosi a un telefono spesso ostinatamente muto. In entrambi i casi, per utilizzare con vantaggio le potenzialità di Internet occorre evidentemente una qualche forma di consapevolezza delle caratteristiche comunicative della rete.

Naturalmente, le considerazioni che abbiamo svolto e le indicazioni che ne abbiamo tratto sono fortemente influenzate dalla natura specifica degli avvenimenti dell'11 settembre. In particolare, va tenuto conto che la reazione della rete a quei drammatici avvenimenti è stata condizionata da alcuni fattori specifici:

  • forte localizzazione geografica dell'emergenza;
  • fase più acuta della crisi limitata a un arco temporale abbastanza ristretto;
  • disponibilità nell'area direttamente interessata di ottime infrastrutture di rete e di un largo bacino di utenti;
  • danni assai limitati alle infrastrutture di rete;
  • prevalenza di una funzione informativa generica rispetto alla vera e propria comunicazione di emergenza.

Occorre evidentemente chiedersi se, e come, la variazione di uno o più fra questi parametri possa modificare il quadro di riferimento: un esercizio non facile, che ha sicuramente impegnato negli ultimi mesi - e probabilmente continua a impegnare - numerosi esperti di Internet e numerose agenzie governative, non solo negli Stati Uniti.

Dal superamento dell'emergenza alla crescita di una serie articolata di risorse e servizi di rete

Finora ci siamo occupati della reazione della rete nelle primissime ore successive agli attentati. Una reazione in gran parte spontanea e non organizzata, che, a fronte dell'estrema difficoltà nel contattare i siti informativi 'di riferimento', ha visto l'uso di una pluralità di risorse - dalla posta elettronica ai sistemi di instant messaging, dai siti personali a una rete di siti-aggregatori come Metafilter e Slashdot - finalizzate all'obiettivo fondamentale di scambiare informazioni (e reazioni emotive). Durante tutta la fase dell'emergenza la fonte informativa primaria ha continuato ad essere la televisione, ma la rete ha avuto la funzione di affiancare alla verticalità e unidirezionalità dell'informazione televisiva un quadro più corale e articolato degli avvenimenti, offrendo inoltre una valvola di sfogo per reazioni individuali, che - raccolte in centinaia e centinaia di forum, siti personali e stanze chat, rimbalzate da persona a persona attraverso posta elettronica e sistemi di instant messaging - si avviavano a diventare reazione collettiva.

Nelle giornate successive, alla funzione primaria di commento a caldo e scambio di informazioni si sostituisce progressivamente una costellazione articolata di altri obiettivi, e cominciano a svilupparsi tipologie specifiche di siti e di risorse collegati alla gestione della crisi. Innanzitutto, lo sforzo di rafforzamento dei server e di 'alleggerimento' delle pagine, accompagnato dal naturale esaurirsi del 'picco' iniziale di accessi, porta al ritorno prepotente dei siti informativi di riferimento, che in tutta la settimana successiva all'11 settembre ricevono un numero record di contatti ma risultano comunque di norma accessibili. Scompare dunque la necessità di creare siti-collage in grado di offrire mirror spontanei per la distribuzione delle notizie di stretta attualità. Non scompare però l'esigenza degli utenti di commentare le notizie e gli avvenimenti, e di segnalare agli altri i commenti e le reazioni percepiti come più validi. Forum, siti di comunità e un gran numero di siti personali diventano così strumenti di filtraggio collaborativo di informazioni e commenti. Una funzione che, come abbiamo visto, è strettamente legata al modello-weblog: modello che - se non nasce certo l'11 settembre - conosce proprio a partire da quegli avvenimenti una vera e propria esplosione. Possiamo dunque dire che una delle risorse che escono vincenti, a livello di rete, dalla crisi dell'11 settembre è rappresentata proprio dai weblog, e in particolare dai weblog di commento e da quelli di rassegna e segnalazione: strumenti flessibili, di immediata e facile gestione, capaci di raccogliere attorno a sé comunità di lettori talvolta piccole, talvolta sorprendentemente larghe, ma comunque partecipi e interconnesse.

Compaiono però anche siti di altro tipo. Innanzitutto, siti dedicati alla raccolta di testimonianze (scritte, fotografiche o filmate) degli avvenimenti: ma su di essi torneremo in chiusura di questa appendice. Poi, quelli che potremmo chiamare siti-tributo, dedicati in primo luogo alle vittime degli attentati, ma spesso anche all'eroismo dei pompieri, dei passeggeri dei voli dirottati (e in particolare del volo 93), e di chi nell'inferno dei World Trade Center ha aiutato altri a fuggire e a sopravvivere. Talvolta lineari e toccanti, più spesso retorici e sovraccarichi (immagini a tutto schermo, musiche patriottiche, animazioni, in singolare contrasto con l'essenzalità della comunicazione nella fase dell'emergenza), questi siti affiancano al ricordo delle vittime una funzione di mobilitazione e compattamento. Attorno ad essi nasce una proliferazione spontanea di materiali: filmati amatoriali costruiti attraverso il montaggio di immagini televisive e temi patriottici (la bandiera che sventola, l'immagine di monumenti-simbolo o del volto del Presidente, in alcuni casi, significativamente, immagini dell'esercito e di azioni militari) e accompagnati da colonne sonore spesso autoprodotte; slide-show e animazioni Flash costruite attraverso il montaggio di fotografie trovate in rete07; l'interessantissimo fenomeno delle cosiddette memorial songs, canzoni di commemorazione scritte da musicisti professionisti e dilettanti, e messe a disposizione in rete attraverso meccanismi come quello dei 'webring'08.

In alcuni casi, questi siti sembrano scivolare verso un'estetica del dolore e della riscossa segnata da un certo cattivo gusto: è il fenomeno che la rivista in rete Salon (http://www.salon.com/) ha opportunamente battezzato Kitschification dell'11 settembre09. In altri, si passa dalla celebrazione al vero e proprio merchandising patriottico, con la vendita on-line di magliette, berretti, tazze, portacenere dedicati per lo più all'eroismo dei pompieri di New York10. Un fenomeno che accompagnerà anche, nei mesi successivi, l'intervento in Afghanistan, la caccia a Bin Laden e l'intervento in Iraq (quando fra i mille oggetti di pessimo gusto in vendita on-line compariranno anche i pupazzi parlanti di Saddam Hussein e del suo ministro dell'Informazione11). Per un certo periodo, in vendita compaiono anche numerosi nomi di dominio legati ai fatti dell'11 settembre12.

Una vera e propria esplosione di popolarità investe poi, nelle settimane e nei mesi successivi l'11 settembre e anche per l'influsso degli attentati all'antrace, un'altra tipologia di siti già ben radicata in rete. Ci riferiamo ai siti dedicati ai pericoli NBC e alla protezione e difesa personale. Siti in genere amatoriali, talvolta seri ma assai più spesso collegati alla moda del 'survival' (e alla vendita dei relativi gadget, dalle maschere antigas alle razioni alimentari di emergenza), alle cosiddette 'conspiracy theories', a movimenti di estrema destra favorevoli alla libera circolazione delle armi.

Decisamente più interessanti sono le molte tipologie di siti 'di servizio'. Alcuni legati ad agenzie e istituzioni pubbliche, che dopo la débâcle del primo giorno tornano in rete con decisione e dedicano pressoché tutti sezioni speciali agli avvenimenti dell'11 settembre e all'emergenza terrorismo. Altri, opera di società e istituzioni private. Compaiono così siti dedicati all'assistenza psicologica e al superamento dello stress emotivo causato dagli attentati (in particolare per quanto riguarda i bambini, alle cui reazioni sono dedicate decine di siti), siti che offrono agli insegnanti di ogni ordine e grado materiali e piani di lezione per la discussione in classe degli avvenimenti, siti dedicati alla 'emergency awareness' e alla preparazione della popolazione civile a eventuali altri attentati13, siti (moltiplicatisi durante l'intervento in Afghanistan, e in alcuni casi gestiti direttamente da comunità islamiche statunitensi) dedicati agli aspetti religiosi del conflitto e a una presentazione delle dottrine religiose islamiche. Anche i siti dedicati all'analisi strategica e geopolitica della situazione internazionale14, di norma frequentati da un pubblico piuttosto ristretto e specializzato, conoscono nei mesi successivi all'11 settembre e all'intervento in Afghanistan, e ancora nel periodo precedente e seguente l'intervento in Iraq, una esplosione di accessi. Mentre proprio in occasione dell'intervento in Iraq si moltiplicano i siti di discussione politica, da destra e da sinistra, sulle scelte dell'amministrazione statunitense, e in particolare - spesso dall'interno dei college universitari - i siti di impostazione pacifista. Ma l'analisi delle reazioni di rete alla seconda guerra irachena, analisi che sarebbe certo anch'essa di estremo interesse, ci porterebbe ben oltre i limiti tematici e cronologici che ci siamo prefissi in questa sede.

Anche Internet diventa terreno di scontro?

Un discorso a parte merita l'uso della rete come possibile canale di comunicazione fra i terroristi e come 'terreno di scontro' nella guerra al terrorismo. Un tema complesso, che affronteremo qui in maniera necessariamente assai sommaria, ma che non può mancare in una discussione sulle conseguenze in rete dei fatti dell'11 settembre.

In effetti, dopo l'11 settembre si è scritto molto (con poche certezze) sull'uso che gli stessi terroristi islamici avrebbero fatto o starebbero facendo di Internet come strumento di comunicazione interna, di diffusione di materiali e di proselitismo verso l'esterno. È difficile pensare che questo uso non vi sia: le possibilità comunicative e di copertura offerte dalla rete sono troppo appetibili per non essere sfruttate. Molto più problematico - nonostante le frequenti enfatizzazioni della stampa - è stabilire quali ne siano effettivamente le dimensioni e le modalità. Ci sono pochi siti abbastanza noti, che spariscono e riappaiono con regolarità, a indirizzi sempre nuovi, impegnati a diffondere materiali e documenti collegati al terrorismo islamico; si tratta comunque di siti che nella maggior parte dei casi sembrano usati prevalentemente con scopo propagandistico o di rivendicazione, più che strettamente organizzativo. Molti altri siti islamici radicali sono più stabili, ma i documenti politici e religiosi che diffondono - anche se assai duri verso l'Occidente e in particolare verso gli Stati Uniti - non possono comunque essere considerati di diretta matrice terroristica. Del resto, è ragionevole presumere che, più che su Web, le eventuali comunicazioni 'coperte' avvengano in codice e sfruttando i sistemi di chat e di instant messaging più frequentati, nei quali il gran numero di utenti e l'estrema difficoltà di un monitoraggio sistematico rendono più facile il mascheramento. In questi casi, fra l'altro, il monitoraggio automatico da parte di sistemi 'intelligenti' non è di grande aiuto: codici anche semplici e l'accortezza di evitare parole e nomi 'sensibili' bastano spesso a renderlo inefficace. Non vi è dubbio, comunque, che operazioni specifiche di intelligence siano avvenute, dopo l'11 settembre, anche in rete.

Sono anche mancati, finora, gli atti eclatanti di cyberterrorismo che alcuni esperti si aspettavano. In effetti, per la sua struttura distribuita, la rete offre una notevole resistenza a questo tipo di attacchi, e col crescere della sua complessità l'immagine dell'hacker isolato o del gruppo supersegreto di cyberterroristi capaci da soli di mettere in ginocchio una nazione tende a diventare sempre più una finzione letteraria o cinematografica15. Né vi sono prove che, come talvolta sostenuto, alcuni virus diffusi nel periodo successivo agli attentati (e comunque ben lontani dal rappresentare una minaccia alla rete nel suo insieme) fossero effettivamente legati a episodi di cyberterrorismo. Questo non vuol dire, naturalmente, che gli attacchi a singoli siti e a singole strutture di rete non siano avvenuti: più che di vere e proprie 'cyberwar' di larga scala, si è trattato però di cyberguerre locali e semi-private. Nelle parole del National Infrastructure Protection Center, l'agenzia governativa statunitense nata in primo luogo proprio per la protezione delle infrastrutture di rete,

Dopo gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 la speculazione sulla possibilità di cyber-attacchi ha portato ad ipotizzare azioni di varia portata, da scaramucce di basso livello a una vera e propria 'cyberwar'. Di fatto, ciò che si è visto finora può essere collocato nella gamma bassa dello spettro. Si è assistito ad azioni sia a favore sia contro gli Stati Uniti. Tuttavia, gli effetti di queste azioni non sono stati particolarmente gravi. Nel valutare questi avvenimenti, le analisi di tendenza indicano che la minaccia di attacchi informatici remoti contro le reti e i siti statunitensi resta di basso livello. Comunque, questa minaccia è maggiore di quanto non fosse prima dell'11 settembre16.

Fra gli attacchi 'di basso livello' va sicuramente menzionato il fenomeno del cosiddetto 'Patriotic Hacking': ovvero gli attacchi da parte di membri della comunità hacker statunitense, nell'immediato post-11 settembre e nelle more degli interventi in Afghanistan e in Iraq, a siti percepiti come 'vicini al nemico':

Quasi tutti i siti pro-talebani sono stati hackerati subito dopo gli attacchi dell'11 settembre, e obbligati alla chiusura. I siti che appoggiavano il governo talebano [...] sono stati estromessi dal web o attraverso un bombardamento di e-mail o per iniziativa autonoma dei provider che li ospitavano. [...] Gli hacker hanno così sostituito alla home page del sito Web ufficiale del governo talebano, all'indirizzo http://www.afghan-ie.com/, una pagina che onorava le vittime del World Trade Center17.

Anche sul fronte opposto hanno naturalmente operato gruppi di hacker, come Gforce Pakistan che ha rivendicato l'hackeraggio di numerosi siti indiani e statunitensi18.

Battaglie ancor più private sono avvenute, e continuano ad avvenire, nelle centinaia di chat room dedicate a temi di attualità e in particolare alla situazione del mondo islamico e del Medio Oriente. Scambi di insulti e di proclami fra utenti statunitensi e utenti provenienti da paesi islamici sono all'ordine del giorno, e testimoniano indubbiamente di un clima preoccupante di scontro abbastanza generalizzato. Si tratta, probabilmente, di un fenomeno che meriterebbe una qualche analisi19. Dal punto di vista delle strutture di rete, tuttavia, questi scambi polemici non sono troppo diversi dai quotidiani scambi di 'flames' occasionati dai più diversi pretesti, e non rappresentano certo una minaccia.

Internet come deposito della memoria

Per concludere, può essere interessante soffermarsi brevemente su un aspetto delle reazioni di rete ai fatti dell'11 settembre che ci sembra particolarmente interessante. Per la prima volta, la memoria collettiva di un fatto storico di portata così rilevante sembra affidata in primo luogo alla rete. Uno sforzo di raccolta e archiviazione di testimonianze, immagini, filmati che sembra nascere in maniera largamente spontanea, ma che ben presto si organizza attorno ad alcuni siti di riferimento. Siti che tuttavia conservano quasi sempre, programmaticamente, la connotazione collaborativa che li ha visti nascere.

Così, ad esempio, il sito http://www.interactivepublishing.net/september/ raccoglie, grazie al contributo volontario di decine di utenti che - percependo l'eccezionalità dei fatti dell'11 settembre - avevano salvato sul proprio disco rigido le home page dei principali siti di informazione, 'istantanee' delle home page di oltre 250 siti di tutto il mondo, acquisite spesso a brevi intervalli di tempo nelle quarantotto ore comprese fra la mattina dell'11 e la mattina del 13 settembre. E una raccolta in parte analoga è offerta dal sito Internet Archive - un prezioso strumento di conservazione della memoria storica della rete, e una delle più interessanti e discusse iniziative nel campo dell'archiviazione di risorse digitali - all'indirizzo http://september11.archive.org/ (l'indirizzo generale del sito è http://www.archive.org/).

Ma se in questi casi la rete conserva - come è naturale aspettarsi - la propria memoria, ancor più significativo è l'esempio del sito Television Archive, all'indirizzo http://www.televisionarchive.org/. Ad essere raccolte sono qui ore ed ore di trasmissioni televisive, registrate da numerose emittenti, non solo statunitensi, a partire in qualche caso da mezz'ora prima degli attentati e fino al giorno successivo. La conservazione minuto per minuto delle sconvolgenti 'dirette' di emittenti nazionali e locali di tutto il mondo, dagli Stati Uniti all'Europa, dalla Russia alla Cina, dal Giappone al Sudamerica, e la loro raccolta in un'unica sede aperta alla consultazione (i filmati sono disponibili in formato streaming, e di norma ne esiste sia la versione ottimizzata per collegamenti via modem sia quella, di migliore qualità, adatta a connessioni più veloci), rappresenta probabilmente un unicum nel panorama della archiviazione di trasmissioni radiotelevisive. E non a caso il sito, nato come iniziativa amatoriale ma ora sponsorizzato da numerose università e da istituzioni del calibro dello Smithsonian Institute, comprende una sezione di articoli accademici relativi all'analisi dei materiali televisivi raccolti. Materiali che anche in questo caso sono di fonte eterogenea: in alcuni casi, le stesse compagnie televisive; in altri, utenti privati che hanno reagito agli avvenimenti premendo il tasto di registrazione sul proprio videoregistratore, e che hanno in seguito inviato al sito le videocassette così ottenute.

Ai tre esempi che abbiamo ricordato se ne potrebbero affiancare molti altri: gli 'speciali' nei quali i siti Web di molti quotidiani hanno raccolto - e conservato - articoli e interventi ma anche la riproduzione delle prime pagine delle edizioni su carta; le registrazioni - tutte disponibili in rete - delle comunicazioni di servizio della polizia e dei vigili del fuoco di New York durante le prime, drammatiche ore dell'emergenza; le raccolte di testimonianze e le interviste a testimoni oculari dei fatti, e - di nuovo - gli innumerevoli siti dedicati al ricordo delle vittime.

Ognuno di questi esempi aggiunge un tassello a una gigantesca operazione spontanea di conservazione della memoria che ha trovato nel Web la sua sede immediata e naturale. Ma anziché soffermarci separatamente su ciascuno di essi - e sui molti altri che si potrebbero ricordare - è forse arrivato il momento di offrire l'indirizzo di qualche metarisorsa che possa offrire un accesso organizzato alla documentazione disponibile in rete sull'11 settembre e alle diverse tipologie di siti nati sulla scia di quegli avvenimenti. Ricordiamo così la preziosa raccolta sistematica di risorse realizzata dall'Università dell'Arizona alla pagina http://www.u.arizona.edu/ ic/ humanities/ september11/ pages/ e quelle, anch'esse utilissime, disponibili agli indirizzi http://www.webpan.com/ msauers/ 911/wtc.html e http://www.academicinfo.net/ usa911.html. Navigando fra le centinaia di siti elencati in tali pagine, ed eventualmente consultando qualcuna delle molte altre ricerche dedicate agli usi di Internet durante e dopo l'11 settembre20, il lettore interessato avrà modo, volendo, di proseguire autonomamente l'esplorazione del tema che abbiamo cercato di affrontare in questa appendice, e di verificare (o mettere in dubbio) sia le scelte che abbiamo operato, sia le conclusioni che ci è sembrato di poterne trarre.

  • (torna) Questa appendice è stata scritta da Gino Roncaglia.

Note

  1. (torna) Per l'Italia, si veda ad es. S. Cui, 11 settembre 2001: è crollato il sogno di Internet?, http://www.e-jus.it/ db/ data/ Internet_Twin_Tower_13-10-01.htm: «Il grosso fallimento di Internet come strumento per raccontare i fatti è stato [...] dimostrato dalla paralisi subita dai più importanti siti d'informazione».
  2. (torna) http://www.mobylives.com/Daisey_report.html.
  3. (torna) Da un articolo del Washington Post, originariamente in rete all'indirizzo http://www. washtech.com/news/software/12454-1.html, ora non più disponibile.
  4. (torna) Ibid.
  5. (torna) Cfr. http://www.infoworld.com/ articles/ hn/ xml/ 01/09/11/ 010911hncnn.xml e, per farsi un'idea anche visiva delle 'pagine d'emergenza' create dalla CNN, http://www.interactivepublishing.net/ september/ browse.php?co=CNN#.
  6. (torna) http://www.firstmonday.org/issues/issue6_12/blakemore/.
  7. (torna) Si veda ad esempio http://www.politicsandprotest.org/, l'esempio forse più indicativo delle molte celebrazioni realizzate in Flash. Qualche eccesso retorico non risparmia il sito commemorativo del Dipartimento di Stato (http://usinfo.state.gov/ topical/ pol/ terror/ album/ newyork/homepage.htm), oggetto di un'interessante recensione di Wired News (http://www.wired.com/news/conflict/0,2100,49067,00.html).
  8. (torna) Per averne un'idea si veda la pagina http://jborum.crosswinds.net/webring.html.
  9. (torna) L'articolo, assai interessante, è all'indirizzo http://www.salon.com/news/feature/2002/01/25/ kitsch/ index_np.html.
  10. (torna) Un esempio alla pagina http://www.cafepress.com/cp/store/store.aspx?storeid=libertyart.
  11. (torna) Cfr. http://herobuilders.com/vilacfig1.html.
  12. (torna) La pagina, non più disponibile, era all'indirizzo http://www.flight93.com/.
  13. (torna) Il principale di questi siti, che riprende abbastanza esplicitamente modelli comunicativi che erano stati propri di molti siti 'amatoriali' sui pericoli NBC e sulle strategie di sopravvivenza, è stato inaugurato recentemente dal Department of Homeland Security ed è raggiungibile all'indirizzo http://www.ready.gov/.
  14. (torna) Fra i più noti ricordiamo Stratfor (http://www.stratfor.com/), sito di 'strategic forecast' che proprio a seguito dell'esplosione di accessi che ha seguito l'11 settembre ha deciso di offrire abbonamenti privati (con prezzi assai più accessibili di quelli riservati ai clienti 'professionali') ai propri bollettini informativi.
  15. (torna) Una considerazione più seria merita semmai il rischio di attentati ad alcune strutture fisiche della rete: mettere fuori uso in maniera mirata alcuni server e alcune backbone non potrebbe certo paralizzare completamente il funzionamento di Internet, ma potrebbe creare comunque un bel po' di guai, soprattutto se ad essere colpiti fossero basi di dati e sistemi di comunicazione economica e finanziaria o legati alla pubblica amministrazione. La consapevolezza di questi rischi ha spinto negli ultimi anni a creare vere e proprie politiche di ridondanza e gestione distribuita dei dati più sensibili.
  16. (torna) Il passo è tratto dal documento Cyber Protests Related to the War on Terrorism: The Current Threat, del National Infrastructure Protection Center: http://www.nipc.gov/publications/nipcpub/ cyberprotests1101.pdf.
  17. (torna) Da un articolo della rivista in rete Read Me, originariamente in rete all'indirizzo http://journalism.fas.nyu.edu/ opensource/ readme/ index.php?art_id=96&page=1 e ora non più disponibile.
  18. (torna) L'intervista a un membro di Gforce Pakistan è in rete alla pagina http://www.srijith.net/ indiacracked/ interviews/ gforce.shtml.
  19. (torna) Così come, su tutt'altro piano, un'analisi specifica meriterebbe senz'altro l'impressionante presenza in rete dei giovani iraniani: centinaia e centinaia di stanze chat e di weblog che testimoniano un entusiasmo per gli strumenti di rete ben lontano dagli anatemi ufficiali pronunciati al riguardo dal regime di quel paese. Nella crescita delle rivendicazioni democratiche degli studenti iraniani, la rete ha dunque un ruolo tutt'altro che secondario, forse sottovalutato dagli osservatori.
  20. (torna) Una bibliografia abbastanza ampia è contenuta nell'articolo di M. Blakemore e R. Longhorn Communicating Information about the World Trade Center Disaster, comparso nella rivista in rete FirstMonday (http://firstmonday.org/ issues/ issue6_12/ blakemore/index.html).
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