Internet 2004Calvo, Ciotti, Roncaglia, Zela
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Temi e percorsi

La dimensione sociale di Internet

Comunità virtuali

Il concetto di comunità nel senso moderno del termine è stato introdotto nella riflessione sociologica da Ferdinand Tönnies, alla fine dell'800, in un libro intitolato Gemeinschaft und Gesellschaft01. Il sociologo tedesco intendeva descrivere con i due termini rispettivamente la comunità tradizionale premoderna e la formazione sociale moderna e industriale, e analizzare la trasformazione in corso dall'una all'altra. Da allora la fortuna di questo termine è stata notevole, e di conseguenza la sua estensione semantica si è progressivamente dilatata, fino a comprendere collettività sociali di natura assai diversa: dal circolo bocciofilo di quartiere alla comunità internazionale... Ciò che tutti questi usi del termine hanno in comune è l'idea che una comunità sia un gruppo di persone unite da solidarietà e riconoscimento reciproco, rapporti interpersonali, valori, interessi a lungo termine, e azioni condivise. I due fattori che favoriscono l'emergere di una comunità sarebbero dunque la prossimità spazio-temporale, la condivisione di un territorio che rende possibile la conoscenza e le relazioni personali, e la comunicazione tra i membri (non a caso i due termini 'comunità' e 'comunicazione' hanno radice comune), lo scambio simbolico sia a fini rituali sia a fini utilitaristici (dove l'utilità è quella collettiva, che talvolta può anche contrastare con quella dei singoli membri).

Tuttavia l'elemento della co-territorialità e della conseguente interazione fisica non è sempre indispensabile affinché si diano processi di costituzione di una comunità. Ad esempio, si parla spesso della comunità scientifica internazionale: persone che hanno in comune scopi, metodi di ricerca e un patrimonio culturale e cognitivo relativamente uniforme, e che comunicano prevalentemente attraverso pubblicazioni scientifiche; gli incontri fisici (meeting e convegni) sono solo occasionali, anche se contribuiscono in maniera forse determinante nel fornire al singolo il senso di appartenenza alla comunità. Le possibilità di socializzare, condividere problemi, aspettative, emozioni, nel caso di simili 'comunità a distanza' sono tuttavia abbastanza rare: nell'immaginario comune termini come 'comunità scientifica internazionale' sono più che altro astrazioni. Quello che manca a questo tipo di comunità non è la possibilità di comunicare in genere, ma la possibilità di farlo in maniera continua e naturale: manca un luogo, o un insieme di luoghi, che sia condivisibile e universalmente riconosciuto dai membri della comunità come sito conventuale.

Ma un punto d'incontro di questo tipo non deve necessariamente avere una realtà fisica: può essere un luogo virtuale accessibile per via telematica. Su questa considerazione si è basata la nascita del concetto di comunità virtuale, la cui fortuna si deve al famoso libro di Howard Rheingold The Virtual Community02. Secondo il giornalista americano «le comunità virtuali sono aggregazioni sociali che emergono [...] quando un certo numero di persone porta avanti delle discussioni pubbliche sufficientemente a lungo, con un certo livello di emozioni umane, tanto da formare dei reticoli di relazioni sociali personali nel ciberspazio»03.

In effetti su Internet quotidianamente milioni di persone provenienti da ogni parte del pianeta si incontrano nei newsgroup, nei canali IRC, nei MUD, nelle chat delle grandi Web communities o in quelle di piccoli siti; discutono di problemi sia personali sia di lavoro, fanno quattro chiacchiere, o semplicemente giocano insieme. Queste persone stabiliscono una relazione comunicativa molto stretta, orientata da interessi comuni e valori condivisi, e in alcuni casi arrivano a conoscersi a fondo, con un forte coinvolgimento emotivo e affettivo (sono ormai noti numerosi casi di relazioni di coppia nate da frequentazioni virtuali); e ciò avviene, nella maggior parte dei casi, senza che si siano mai incontrate di persona.

Questi fenomeni di socializzazione on-line sono stati oggetto di una mole ormai sterminata di studi. Secondo alcuni studiosi, nelle comunità virtuali si creano dei vincoli così profondi tra i partecipanti da dare origine a vere e proprie comunità. Anzi, le comunità virtuali sarebbero fortemente solidali e disinteressate, poiché si basano sulla comunanza di interesse intellettuale e non sugli interessi materiali, sulla territorialità o sui vincoli di razza04. Inoltre le smaterializzazione dell'interazione consentirebbe di superare tutti gli ostacoli e le diffidenze fondate sulla differenza, sia essa di genere, razza o classe, che invece rendono conflittuale la convivenza sociale nel mondo reale. La comunicazione telematica sarebbe dunque democratica ed egualitaria per sua intrinseca natura.

Naturalmente non tutti gli studiosi concordano su queste tesi. In primo luogo, si osserva, questa forma di socializzazione è basata esclusivamente sulla interazione comunicativa mediata da computer (computer mediated communication, in breve CMC), una comunicazione limitata in gran parte (almeno per ora) allo scambio di messaggi scritti. Ma è ampiamente dimostrato come nella comunicazione interpersonale i messaggi non verbali come la mimica facciale, il tono della voce, la gestualità, la disposizione spaziale degli interlocutori (la parte della scrivania alla quale ci si siede ha la sua importanza!) svolgano un ruolo fondamentale (ad esempio per veicolare i rapporti gerarchici). Tutti questi aspetti nella CMC mancano05. Studi sperimentali hanno evidenziato come questa limitazione implichi delle distorsioni rispetto ai normali rapporti interpersonali basati sulla vicinanza fisica con l'interlocutore06.

In secondo luogo la natura immateriale della CMC permette di assumere personae (nel senso etimologico del termine) fittizie, di manifestare opinioni cui non si aderisce veramente, di mistificare aspetti della propria natura biologica e psicologica. Anche se è difficile (e ancora una volta studi sperimentali lo dimostrano) sostenere a lungo in modo convincente ruoli e personalità fittizie, questo genere di fenomeni mina il principio di responsabilità individuale, e dunque mette in crisi il vincolo di fiducia tra i membri della comunità. Lo stesso Rheingold, ritornando a riflettere di recente su questi temi, ha assunto una posizione più problematica e meditata:

Non si ha una persona reale di fronte e non la si incontrerà mai. Ecco perché, forse, non si avrà lo stesso senso di responsabilità che si ha con il vicino di casa. È anche facile, una volta collegati, mascherare la propria identità fingendo di essere qualcun altro. Le persone poco gentili possono fingere di esserlo e viceversa. Alcuni cercheranno di ingannarvi in comunicazioni sociali o economiche per le quali è possibile non sentirsi preparati. Ritengo sia importante che la gente capisca come utilizzare questo medium, così da non essere più sorpresi quando la gente pretende di essere quello che non è... Quando si è in rete, visto che non si ha la persona di fronte, non la si vedrà piangere se la si ferisce e nessuno potrà picchiarvi se riceve un insulto. Bisogna essere molto cauti nell'utilizzare la parola 'comunità'. Penso che la gente collegata possa sviluppare relazioni e possa incontrarsi nel mondo reale. Questo è un modo magnifico di connettersi con la gente che condivide valori e idee. Se non si ha una vera connessione, l'idea di comunità diventa abbastanza distante dalla nostra idea tradizionale di comunità07.

Per questi motivi numerosi studiosi ritengono che a proposito dei processi di socializzazione on-line si debba piuttosto parlare di pseudocomunità, soprattutto in considerazione del fatto che il fenomeno ha subito una profonda trasformazione con il passare degli anni e la conseguente evoluzione della rete.

In effetti gli ultimi sviluppi nell'ambito delle comunità virtuali sembrano avallare queste posizioni. La comunità virtuale che Rheingold ha descritto nel suo celebre libro, la famosa The Well (Whole Earth 'Lectronic Link, http://www.thewell.com/)08, alla cui formazione hanno contribuito alcune tra le personalità più eminenti nel panorama della 'cultura digitale', è ancora oggi una comunità assai vitale. Naturalmente con il passare del tempo si è progressivamente modificata, trasferendosi sul Web e implementando vari servizi aggiuntivi. Ma il suo cuore sono ancora le famose aree di discussione, dove capita spesso di incontrare personaggi ormai famosi. E nonostante tutto, girando tra le varie pagine del sito, si percepisce chiaramente la volontà di mantenere un livello qualitativo pari al blasone, e una certa atmosfera esclusiva.

Tuttavia questa esperienza, nata intorno alla metà degli anni '80, fa ormai parte della storia remota di Internet. Oggi la collocazione sociale e culturale dei milioni di utenti della rete è decisamente cambiata, e di conseguenza diverso è il profilo degli attuali partecipanti alle comunità virtuali. All'epoca in cui The Well fu fondata, l'utenza era più omogenea e coloro che usavano Internet erano spontaneamente spinti a realizzare insieme servizi, punti d'incontro, giochi, attraverso quello che appariva come un nuovo strumento di comunicazione, peraltro completamente autogestito dagli utenti stessi. Oggi, con la commercializzazione della rete, le cose sono cambiate. I grandi gruppi imprenditoriali che hanno investito nella rete considerano gli utenti come una massa di potenziali acquirenti o come un numero sterminato di contatti pubblicitari da rivendere con profitto agli sponsor. E le comunità (o pseudocomunità) virtuali sono state individuate come uno dei mezzi più efficienti per attirare utenti.

Per questa ragione tutti i grandi portali generalisti si sono dotati di servizi di comunità virtuale che mettono a disposizione dei loro utenti forum di discussione e spazi gratuiti per mettere in rete siti Web personali. In alcuni casi comunità virtuali storiche nate in modo autonomo sono state acquisite in blocco e rifunzionalizzate. È questo il caso di sigle storiche come Geocities (http://geocities.yahoo.com/), una vera e propria 'città di home page', divisa in quartieri e isolati, acquisita alcuni anni fa da Yahoo!. L'enorme numero di utenti di Geocities garantisce un impressionante numero di contatti e permette a Yahoo! di vendere a caro prezzo i propri banner pubblicitari. È invece finita nel gruppo Terra-Lycos l'altra famosa comunità virtuale, Tripod (http://www.tripod.lycos.com/). Creata da Bo Peabody nel 1992, Tripod è stato uno dei primi servizi della rete a offrire spazi macchina gratuiti a disposizione degli utenti per creare le proprie pagine Web. Sterminate comunità Web (ma forse sarebbe meglio parlare di reti di sotto-comunità) si raccolgono poi attorno ai grandi portali: ancora Yahoo! (http://www.yahoo.com/; abbiamo già parlato dei suoi servizi di chat, instant messaging e creazione di gruppi), ma anche MSN (http://www.msn.com/) e altri.

Anche i portali italiani si sono dotati di servizi di comunità virtuale. Virgilio-Tin.it gestisce Atlantide (http://atlantide.virgilio.it/) - uno spazio virtuale che vanta ormai decine di migliaia di iscritti e offre una serie di aree tematiche, sistemi per appuntamenti on-line, aree di discussione personalizzate e un sistema di Web chat - e Xoom (http://xoom.virgilio.it/), un servizio per la creazione di siti Web personali. Libero, il portale Wind, ha creato Digiland (http://digiland.libero.it/), anch'essa dotata di una serie di aree tematiche di discussione completamente aperte al pubblico, servizi di forum e chat, spazio Web personale. Clarence (http://www.clarence.it/), del gruppo Dada, offre anch'esso servizi di Web community di tutto rispetto e un approccio divertito e irriverente all'uso della rete, anche se il sito è un po' inflazionato dall'offerta di loghi, suonerie e messaggi MMS per cellulari.

Chiudiamo questa breve rassegna con un cenno a The Palace (http://www.thepalace.com/). A differenza delle precedenti, The Palace è una comunità virtuale che si basa su un software di chat 3D. Si tratta di un sistema funzionalmente simile ai normali chat, ma che permette di interagire in un ambiente di realtà virtuale, articolato in vari luoghi dagli scenari diversi e popolato dagli avatar dei vari utenti connessi. Oltre a scambiarsi messaggi di testo, gli utenti possono effettuare esplorazioni in comune e avere contatti audio e video mediante tecnologie di streaming. Il client necessario a partecipare agli eventi della comunità viene distribuito gratuitamente sul sito Web di The Palace. Viene distribuito anche il modulo server, che può essere utilizzato per creare delle comunità virtuali 3D in rete o nell'ambito di reti Intranet private.

Oltre a The Palace, esistono altri esempi di ambienti interattivi tridimensionali su Internet. Per il momento sia la qualità visiva sia le capacità di interazione supportate da questi servizi sono assai limitate. Ma in un prossimo futuro è molto probabile che gli sviluppi delle infrastrutture telematiche permetteranno un deciso balzo in avanti in questo settore. Già oggi, strumenti come le webcam (alle quali si è accennato altrove) permettono una interazione audiovisiva multiutente in rete. E con l'avvento delle nuove tecnologie di trasmissione a larghissima banda si può immaginare la diffusione di ambienti in realtà virtuale condivisa ad alta definizione. Non è (solo) fantascienza, dunque, ritenere che tutti i sensi potranno essere, in futuro, coinvolti nella comunicazione telematica. E questi sviluppi avranno ulteriori e rilevanti implicazioni sociali e psicologiche, su cui è bene cominciare fin d'ora a riflettere.

Ovviamente la presenza di potenti gruppi industriali e grossi investimenti alle spalle delle comunità di rete lascia molti dubbi sulla capacità di autogestione di questi spazi elettronici da parte dei loro frequentatori. A esser pessimisti, potremmo dire che creare una comunità virtuale (e organizzare in modo centralizzato discussioni, concorsi a premi, giochi) potrebbe essere un modo per concentrare un enorme potere economico - ma forse un giorno anche politico - in mano di pochi grandi gruppi. Potere basato su forme di socializzazione che, da valore aggiunto della rete (nella loro originaria forma intrinsecamente democratica e fondata sulla libera circolazione dell'informazione), rischiano di rivelarsi strumenti di controllo sociale. Le comunità virtuali rischiano così di trasformarsi in consessi frequentati da masse di potenziali consumatori in mano a grandi gruppi commerciali e a professionisti della comunicazione di massa. Ma resta pur vero, per concedere qualcosa all'ottimismo, che anche nell'ambito delle comunità virtuali più marcatamente commerciali moltissime persone si 'incontrano' ancora in modo spontaneo: per passare il tempo, condividere interessi e fare nuove conoscenze.

Home page personali

Uno fra gli aspetti più interessanti e innovativi di Internet come strumento di interazione sociale è rappresentato dalle home page personali. Cerchiamo innanzitutto di spiegare, in poche parole, di cosa si tratta. Si è già ricordato più volte come Internet renda estremamente facile (ed economica) non solo la ricerca, ma anche l'offerta di informazione. Inserire in rete pagine informative è ormai un compito alla portata di tutti (ne parleremo in dettaglio nell'Appendice B, nel paragrafo 'Mettere in rete la propria home page'). In una situazione di questo tipo è abbastanza comprensibile la tendenza a utilizzare Internet non solo come strumento per la diffusione di informazione 'ufficiale' o professionale, ma anche come veicolo di comunicazione più informale, meno prevedibile e soprattutto più 'personale'.

Questa possibilità crea uno spazio teorico nuovo: ogni utente di Internet ha potenzialmente a disposizione una propria 'lavagna' attraverso la quale presentarsi, e nella quale inserire materiale informativo che possa caratterizzarlo agli occhi della comunità degli altri frequentatori della rete.

La comunicazione sociale in rete è disincarnata e in qualche misura astratta, come si diceva sopra; le home page personali sono in un certo senso una risposta a questa situazione, e mirano a evitare che l'astrattezza e l'immaterialità comportino una eccessiva spersonalizzazione del messaggio. Non è un caso che il confine fra informazione personale e informazione professionale sia in questi casi assai labile: anche chi inserisce in rete materiale del tutto tradizionale, commerciale o no, vi affianca spesso una o più pagine nelle quali al centro dell'attenzione sono i propri interessi, le proprie curiosità, i propri hobby - in sostanza, la propria persona.

Le home page personali diventano così contemporaneamente uno strumento di presentazione, di autopromozione e di formazione di una 'persona virtuale' (che può non coincidere completamente con il modo di essere nella vita quotidiana del mondo fisico): gli altri avranno una immagine di noi costruita a partire dalle informazioni che rendiamo disponibili - in genere un curriculum, spesso fotografie, frammenti della nostra attività (articoli, ma anche immagini o suoni), e soprattutto notizie e curiosità sugli argomenti che ci interessano. Un appassionato di musica rock o di cinema potrà ad esempio inserire in rete pagine dedicate ai musicisti o ai registi preferiti, un appassionato di cucina potrà condividere le proprie ricette, un escursionista potrà presentare i propri itinerari o raccontare l'ultimo viaggio. Frequenti sono poi 'antologie personali' di brani musicali, letterari, poetici ai quali si è particolarmente affezionati, notizie sul proprio partner, 'album' di storia familiare e personale.

In alcuni casi, la presentazione della propria personalità e della propria storia diventa poi sperimentazione letteraria e artistica: la forma dell'ipertesto, il superamento della linearità della narrazione, la possibilità di integrare in un'unica costruzione comunicativa linguaggi espressivi assai diversi fra loro, sembrano corrispondere particolarmente bene al carattere frammentario e disperso di esperienze, ricordi, singoli momenti della vita di ciascuno di noi.

Negli ultimi anni si è molto discusso, anche a livello strettamente teorico, sulla possibilità di una narrativa ipertestuale: ebbene, le esperienze forse più riuscite in questo campo fanno quasi tutte riferimento, in una forma o nell'altra, alla dimensione autobiografica. Un'occhiata alla home page di Justin Hall (http://www.links.net/vita/) potrà dare un'idea di quello che vogliamo dire. Nel corso del tempo, Hall - un 'netizen' di Chicago ormai quasi trentenne, che oggi vive tra New York e il Giappone - ha trasformato la sua pagina personale in una vera e propria opera d'arte. Frammenti di vita - le discussioni col fratello, la vita della madre, il difficile rapporto col padre, alcolizzato e poi morto suicida - corrispondono a singoli frammenti ipertestuali, nei quali trova posto di tutto: dal necrologio del padre pubblicato dal Chicago Tribune alle immagini e al racconto dell'incontro e del rapporto con Chandra, la ragazza con la quale Justin ha vissuto per un certo periodo, e di cui analizza divertito particolari minimi - ad esempio il modo di giocare a Monopoli. Al testo si affiancano poesie, disegni, immagini di oggetti curiosi: Hall fa ad esempio firmare a Oliver North, il colonnello divenuto in America simbolo di una certa destra conservatrice e militarista, uno strumento di legno usato per preparare spinelli. E quando finisce in prigione per oltraggio a pubblico ufficiale e incitamento alla rivolta, mette in rete la sua scheda segnaletica e un dettagliato racconto sulle persone incontrate in carcere.

Se in questo caso la home page diventa un vero e proprio strumento di creazione letteraria, la funzione di questo 'biglietto da visita' in rete può essere, come si è accennato, anche autopromozionale: il nostro curriculum ed eventualmente degli esempi del nostro lavoro permettono a potenziali interlocutori di farsi un'idea di noi, delle nostre competenze, delle nostre capacità. Nel caso di alcune attività - ad esempio il giornalista 'free lance', il consulente, l'artista - la disponibilità di uno spazio pubblico attraverso il quale presentarsi può rivelarsi particolarmente preziosa, fino a trasformarsi in un essenziale strumento professionale.

L'interesse di queste home page non è solo sociologico ma, come si accennava, anche culturale: si tratta di un mezzo di comunicazione nuovo, le cui possibilità e le cui caratteristiche specifiche sono ancora in gran parte da esplorare. Un'esplorazione della quale fa parte anche il recente fenomeno dei weblog, o blog. Siti personali organizzati in genere in forma di diario e dedicati agli argomenti più vari, gestiti attraverso semplici editor su Web che ne consentono la creazione anche agli utenti meno esperti, i blog rappresentano probabilmente, a tutt'oggi, la forma più diffusa e diretta di espressione su Web della propria individualità. Proprio per questo, abbiamo deciso di dedicare ad essi un capitolo indipendente del nostro libro. Lo troverete subito dopo il capitolo che state leggendo, e sarà l'occasione per riprendere molti fra i temi toccati in questa sede.

Giochi di rete

Costruzione di mondi (e di identità): MUD, MPOG, MMPOG...

Sei in una stradina angusta tra la Terra e il luogo da dove sei venuto. A nord e a sud ci sono le pendici di due imponenti montagne, con un gran muro che le circonda. La strada continua ad ovest e là in lontananza si distingue una piccola casa con il tetto di paglia, che fronteggia un vecchio cimitero. La via di uscita è ad est, dove una nebbia sottile copre il passaggio segreto dal quale sei entrato nella Terra.

Chi si connette con il MUD dell'Università dell'Essex inizia così la sua fantastica avventura, in un mondo popolato di streghe, maghi, incantesimi. I MUD ('Multi-User Dungeon': che tradotto dall'inglese suona più o meno 'prigioni sotterranee multiutente'09) sono dei giochi di ruolo particolari: gestiti da un computer, interattivi e accessibili attraverso la rete. Il primo MUD, del quale abbiamo letto la schermata iniziale, è stato creato nel 1979 da Richard Bartle e Roy Trubshaw. Un MUD consiste in un programma server che permette a più utenti di interagire in uno spazio virtuale, descritto comunemente mediante brani di testo10. A differenza di altri spazi di interazione, l'ambiente fittizio di un MUD è ammobiliato (contiene cioè oggetti) e può essere abitato da agenti software (i cosiddetti bot).

Gli utenti interagiscono non solo con il software ma anche fra di loro, costruendo un passo dopo l'altro (e una scelta dopo l'altra) una complessa avventura collettiva. I MUD di solito sono costituiti da un susseguirsi di ambienti diversi: dopo aver letto la descrizione del luogo e ponderato il da farsi, ogni partecipante può scegliere di muoversi da un ambiente all'altro (i comandi sono generalmente forniti attraverso la tastiera: 'N' per nord, 'S' per sud, e così via). L'interattività del gioco non si limita agli spostamenti: quasi sempre gli utenti possono raccogliere e usare oggetti, combattere con altri giocatori o con personaggi controllati dal computer, acquisire particolari poteri, dialogare fra loro, discutere strategie comuni, allearsi... le possibili interazioni sia con il programma sia con gli altri partecipanti al gioco sono insomma numerosissime. Normalmente i giocatori che si trovano nello stesso ambiente si possono 'vedere' (sempre che non siano stati usati incantesimi o filtri capaci di rendere invisibili!) e possono scambiarsi dei messaggi. Quindi uno dei problemi che si pone subito un 'muddista' è quello di costruire la propria identità, ovvero le caratteristiche del personaggio - o avatar11 - che lo rappresenta all'interno del gioco. Questa operazione è particolarmente interessante se si considera che il giocatore accede al MUD attraverso una procedura di login che non riguarda la sua identità reale, ma quella fittizia12 (e che consente di non perdere nessuna delle caratteristiche acquisite dal personaggio nei collegamenti precedenti).

Per accedere a un MUD si usava originariamente (e in qualche caso si può utilizzare ancora) un semplice client Telnet: fino a pochi anni fa gran parte dei MUD erano infatti basati su descrizioni narrative e interazioni testuali, adatte ad essere veicolate anche da strumenti graficamente spartani come appunto Telnet. Se siete amanti dei MUD classici, esistono alcuni client MUD specifici dotati di una serie di strumenti che facilitano il giocatore nei suoi movimenti e nelle sue azioni, inclusa la possibilità di costruire e ammobiliare sottoambienti particolari (sempre che ne abbia conquistato la facoltà). Tra questi ricordiamo Zmud (http://www.zuggsoft.com/), Portal (http://www.gameaxle.com/), SimpleMU (http://simplemu.onlineroleplay.com/).

Molti appassionati continuano a preferire i MUD testuali, ma negli ultimi anni si sono progressivamente diffusi anche MUD grafici, spesso basati su adattamenti multiutente dei più diffusi giochi per computer. D'altro canto, non tutti i giochi multiutente in rete si basano sul meccanismo dell'esplorazione di stanze e percorsi che aveva fatto la fortuna dei MUD. Si parla così sempre più spesso anche di MPOG ('Multi Player Online Game') e - nei casi dei giochi distribuiti da grandi case e basati sulla partecipazione contemporanea di migliaia o addirittura decine di migliaia di utenti - di MMOG ('Massive Multiplayer Online Game'13). Né queste sono le sole sigle utilizzate: se volete sapere qualcosa di MUSH, MOO, MUCK e delle molte varianti dei MUD, date un'occhiata alla pagina http://www.onlineroleplay.com/, e in particolare alla sezione 'Text-Based MUDs': un vero serbatoio di link e risorse.

L'evoluzione più interessante, anche dal punto di vista sociologico, è probabilmente quella dei MMOG. Uno dei primi, e tuttora uno dei più noti, è Ultima on Line (http://www.uo.com/)14. Nato nel 1998 come evoluzione in rete della fortunata serie di videogiochi Ultima, realizzati dalla Origin, e ambientato nella fantastica terra di Britannia, Ultima on Line si è progressivamente trasformato, attraverso una successione di moduli di espansione, in una società virtuale complessa e variegata: un mondo persistente, nel quale sviluppare personaggi realistici e ricchi di sfaccettature. Un mondo in cui è difficile sopravvivere e in cui i combattimenti hanno sicuramente un ruolo di tutto rispetto, ma anche un mondo dotato di una sua politica, di una sua economia, di relazioni sociali di ogni genere, addirittura dei propri organi di stampa e di una radio (che si chiama, con un divertente riferimento alla CNN, BNN, ovvero Britannia News Network). Per il 2004, è attesa una espansione del gioco dotata di un motore grafico totalmente tridimensionale.

Progressivamente, a Ultima on Line si sono poi affiancati molti altri MMOG, alcuni dei quali - da EverQuest a Asheron's Calls, da Horizons a Star Wars Galaxies - hanno conosciuto anch'essi un notevole successo. In genere si tratta di giochi a pagamento (ma ve ne sono anche di gratuiti, come Utopia e Equinox): le case produttrici traggono i propri ricavi dalla vendita degli 'abbonamenti' mensili al gioco, dei kit di ingresso per i nuovi giocatori e dei moduli di espansione.

Le considerazioni sociologiche, psicologiche e culturali che possono essere fatte a proposito di questo tipo di giochi di rete sono numerose, e del resto la letteratura in materia non manca15. Molti autori ritengono che un gioco di ruolo ben costruito possa costituire una sorta di 'laboratorio virtuale' per lo studio delle forme di interazione sociale, economica e politica. Già in Ultima on-line si era parlato ad esempio di fenomeni economici quali l'inflazione, e in alcuni giochi (come Asheron's Call) si sono avuti anche fenomeni di iperinflazione, paragonabili a quelli della Germania anni '20.

A quanto pare, l'economia in assoluto più complessa - e meglio funzionante - è quella di Everquest. Tanto che Edward Castronova, professore di economia presso la California State University, ha dedicato al tema un serissimo articolo accademico di 40 pagine: Virtual Worlds: A First-Hand Account of Market and Society on the Cyberian Frontier16. La cosa sorprendente è che l'articolo è stato finora scaricato da oltre 18.000 persone! Il problema è capire se siano gli economisti ad essere particolarmente interessati ai giochi di ruolo, o se non siano piuttosto i giocatori ad essere interessati all'economia dei loro ambienti virtuali.

In ogni caso, i dati che emergono dall'articolo di Castronova - del quale si sono occupati anche giornali e riviste, in rete e no - sono sorprendenti, e sono riassunti nel modo seguente da un articolo di News.com:

If the "EverQuest" universe of Norrath were a country, its per-capita gross national product would be $2,266 - comparable to the 77th richest country on Earth and ranking it between Russia and Bulgaria. Platinum pieces, the in-game currency known as pp, end up with an exchange rate of about a penny per pp, making "EverQuest" currency more valuable than the Japanese yen and the Spanish peseta.

"It's a robust, free-market economy filled with wealthy, hardworking people," Castronova said. "What you see with 'EverQuest' is that economies happen by themselves. If you get a bunch of people together and they have things they can produce and opportunities to exchange them, you've got the makings of an economic system."

Castronova also sees "EverQuest" as an example of what can happen when economic regulation goes awry. Sony officially forbids players from exchanging "EverQuest" items for real money, claiming all game items are its intellectual property. Yet the official bartering system within "EverQuest" is so cumbersome and expensive that players feel compelled to make outside transactions on auction sites, Castronova said, resulting in a Cuban-style system where U.S. dollars trump the official economy.

"Outside the game, it's really easy to exchange goods," Castronova said. "In the game, it's more like a medieval bazaar... It's like if somebody in Afghanistan had some really valuable thing they wanted to sell to someone also in Afghanistan. They'd want to find a safe place outside the country to conduct the transaction in U.S. dollars"17.

L'economia, ovviamente, non è il solo campo rilevante per lo studio di questo tipo di giochi. Ci si interroga ad esempio sui diritti d'autore all'interno dei giochi di ruolo, tema legato alla sempre maggiore diffusione di giochi di ruolo spontanei (basati su strumenti 'poveri' come chat e posta elettronica), che riprendono spesso cicli letterari o cinematografici famosi (ad esempio i romanzi della serie Harry Potter o i film di Guerre stellari). Né sono mancate discussioni sui sistemi politici e sull'amministrazione della giustizia all'interno di questi mondi virtuali. C'è anche una Dichiarazione dei Diritti degli Avatar, che comincia così:

When a time comes that new modes and venues exist for communities, and said modes are different enough from the existing ones that question arises as to the applicability of past custom and law; and when said venues have become a forum for interaction and society for the general public regardless of the intent of the creators of said venue; and at a time when said communities and spaces are rising in popularity and are now widely exploited for commercial gain; it behooves those involved in said communities and venues to affirm and declare the inalienable rights of the members of said communities. Therefore herein have been set forth those rights which are inalienable rights of the inhabitants of virtual spaces of all sorts, in their form henceforth referred to as avatars, in order that this declaration may continually remind those who hold power over virtual spaces and the avatars contained therein of their duties and responsibilities; in order that the forms of administration of a virtual space may be at any time compared to that of other virtual spaces; and in order that the grievances of players may hereafter be judged against the explicit rights set forth, to better govern the virtual space and improve the general welfare and happiness of all18.

Vi ricorda qualcosa?

In questa sede non possiamo evidentemente approfondire queste tematiche, né possiamo soffermarci in dettaglio sui molti e diversi tipi di giochi di ruolo esistenti in rete. Per ulteriori approfondimenti, rimandiamo senz'altro ai numerosi siti dedicati all'argomento, e in particolare al già citato Onlineroleplay (http://www.onlineroleplay.com/) e a The MUD Connector (http://www.mudconnect.com/), che cataloga e recensisce centinaia di server che ospitano giochi di ruolo elettronici.

Internet: giochi vecchi e giochi nuovi

La caratteristica interattività di Internet, unita alle nuove possibilità offerte da software realizzati con Java, VRML e soprattutto con gli strumenti offerti da Macromedia Flash e Shockwave, permette di creare una moltitudine di aree ludiche che possono essere condivise da tutti gli utenti della rete e che hanno la funzione di vere e proprie sale giochi on-line. Un sito interessante in proposito (purtroppo non sarà possibile rendere conto dell'intero 'universo ludico' della rete, che è tra l'altro in continua, vorticosa crescita e trasformazione) è la pagina http://www.yahoo.com/Recreation/Games/ dove si trovano link per le principali raccolte di software ludico e i principali siti dedicati al gioco.

Tra gli altri ricordiamo il sito Yahoo! Games (http://play. yahoo.com/) che dà accesso a un'interessante area dedicata a giochi di rete, ai quali si può partecipare in tempo reale. Tra i giochi disponibili vi sono i più famosi giochi da tavolo: Backgammon, Scacchi, Go, Reversi, Bridge, Gin, Poker, ecc. Per partecipare è sufficiente riempire un modulo con i dati anagrafici e specificando l'indirizzo di posta elettronica. Si avvia poi una procedura di login: ci si fa cioè riconoscere dal server fornendo una username e una password. La username funge anche da pseudonimo che rende gli utenti univocamente identificabili da tutti i compagni di gioco.

Dalla home page di Yahoo! Games si può accedere a vari 'locali', ognuno dedicato a un gioco diverso. In ogni locale ci sono diverse 'salette' che servono a dividere i giocatori a seconda del loro livello di esperienza e capacità, in modo da assicurare il divertimento a tutti gli utenti. Una volta entrati nella stanza prescelta, è possibile controllare la lista di tutti i convenuti e scambiare quattro chiacchiere. Si arriva all'incontro vero e proprio sedendosi a uno dei tavoli disponibili o creandone appositamente uno nuovo. Creando un nuovo tavolo, è possibile scegliere di 'far sedere' liberamente tutti i giocatori che lo desiderano o renderlo privato per giocare solo con l'avversario prescelto (a cui avremo magari precedentemente inviato una e-mail sfidandolo a 'singolar tenzone' e dandogli data, ora e nome del tavolo da raggiungere).

A parte l'impossibilità di guardare negli occhi gli antagonisti, l'emozione di partecipare a un torneo permanente del nostro gioco preferito è assicurata. Gli esiti delle partite assegnano un punteggio che si manterrà anche per i successivi collegamenti. Una legenda di colori - che vanno dai colori freddi (blu e verde), indice di punteggi bassi, ai colori caldi (giallo e rosso), che indicano una certa temibilità del nostro potenziale avversario - rende semplice la scelta del tavolo da gioco che più si addice alle possibilità di ciascuno. Yahoo! Games - di cui esiste anche una versione italiana all'indirizzo http://it.games.yahoo.com/ - è solo una delle tante sale giochi virtuali della rete. Ne esistono diverse, alcune specializzate e frequentate da giocatori professionisti (ci riferiamo in particolar modo ai siti per scacchisti, che alle volte sono accessibili solo con un buon curriculum agonistico).

Come agguerrito concorrente di Yahoo! Games è nato nel 1999 MSN Gaming Zone (http://zone.msn.com/), l'ambiente interattivo dedicato ai giochi della Microsoft. Fra le tante iniziative per lanciare il sito è da ricordare l'affascinante sfida "Kasparov contro il resto del mondo" (http://www.zone.com/kasparov/), dove la comunità mondiale di scacchisti in rete, coordinata da un gruppo di maestri, ha affrontato una vera e propria partita con il campione Garry Kasparov. Naturalmente tramite Zone, oltre a trovare numerosi giochi on-line, è possibile giocare in rete mediante uno dei numerosi giochi commerciali in grado di funzionare in modalità multiutente.

L'espansione della presenza 'ludica' della Microsoft in rete è anche legata alle capacità di collegamento a Internet offerte dalla nuova consolle Xbox, apparsa nel 2001: nel novembre 2002 la Microsoft inaugurava così il servizio Xbox Live (http://www.xbox.com/live/), riservato ai possessori di collegamenti Internet a banda larga e presentato come lo strumento più avanzato per il gioco multiutente via rete. Nel marzo 2003 è stata aperta anche la versione europea di Xbox Live: l'indirizzo della pagina di accesso italiana è http://www.xbox.com/it/live/. Il kit di introduzione al servizio, che comprende un abbonamento di un anno alle funzionalità di base e un auricolare con microfono per il chat vocale durante il gioco, è in vendita a circa 60 euro.

La rete come servizio per portatori di handicap

L'informatica ha migliorato sensibilmente la qualità di vita di diverse categorie di disabili. Schermi e stampanti Braille, schede per la sintesi vocale, scanner e programmi di riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) permettono a un non vedente di 'leggere' un testo digitalizzato nella più completa autonomia; speciali programmi che si interfacciano con le schede di sintesi vocale consentono di navigare in Internet. Persone affette da handicap motorio possono utilizzare un computer (in grado a sua volta di facilitare l'interazione con il mondo esterno) attraverso tastiere semplificate e di grandi dimensioni, e grazie a speciali interfacce capaci di sostituire il mouse utilizzando i movimenti del capo - e in certi casi degli occhi - e il riconoscimento vocale.

La telematica va oltre il supporto che può offrire la sola informatica; con un computer e un collegamento a Internet non solo il disabile vede aumentare la propria autonomia, ma ha la possibilità di uscire almeno in parte dall'isolamento sociale che in molti casi l'handicap porta con sé. Attraverso Internet un disabile ha infatti la possibilità di socializzare in maniera autonoma, senza essere posto in situazioni di disagio e di inferiorità; il telelavoro può consentirgli l'inserimento in una vita lavorativa attiva in situazioni in cui gli spostamenti fisici sarebbero problematici o impossibili.

Questo insieme di opportunità (al quale corrisponde naturalmente anche il rischio di un isolamento nel 'limbo dorato' della telematica, di per sé evidentemente non in grado di sostituire l'interazione con il mondo fisico) richiederebbe tuttavia, per essere sfruttato pienamente, supporti e competenze adeguati; purtroppo, soprattutto in Italia, gli investimenti economici e di ricerca in questo campo sono limitati, e molte fra le possibilità più interessanti restano inesplorate.

Per la diffusione di una cultura telematica di ausilio al portatore di handicap sono sorte nel mondo diverse aree di discussione specifiche (ricordiamo ad esempio il newsgroup misc.handicap) e molti siti World Wide Web.

Una tra le migliori risorse dedicate a questi temi, ricca di informazioni utili e spunti di riflessione è rappresentata dal sito dell'Associazione CDH (Centro Documentazione Handicap). Il sito (http://www.accaparlante.it/) include una completa sezione dedicata all'handicap in rete che riporta una bibliografia essenziale e un elenco ragionato di risorse Internet a disposizione dei disabili o degli operatori. Per la chiarezza esemplare con cui il sito affronta le problematiche relative all'handicap e l'approfondita e documentata ricerca di materiali in rete, possiamo suggerire ai lettori di usare questo sito come portale per iniziare una navigazione tematica in relazione all'handicap e alle soluzioni offerte dalla rete per utenti disabili. Interessante è anche il sito dei volontari dell'Orsa Minore (http://www.esrin.esa.it:8080/handy/), che comprende un indice di risorse Internet dedicate all'handicap, e un elenco di moltissimi prodotti software distribuiti gratuitamente attraverso la rete e specificamente studiati per le persone portatrici di handicap. Degna di attenzione è anche l'operazione svolta da un gruppo di volontari attraverso il sito http://www.handimpresa.it/; l'idea è quella di mettere in comunicazione diretta gli imprenditori e i disabili per un migliore inserimento dei portatori di handicap nel mondo del lavoro. Da un lato i disabili potranno automaticamente inserirsi nel database compilando, via Internet, un modulo; dall'altro gli imprenditori che decidono di sostenere l'iniziativa possono avere tutte le informazioni necessarie agli sgravi fiscali e alle facilitazioni inerenti all'assunzione di personale portatore di handicap.

I pochi siti sopra indicati sicuramente non rendono conto delle molte realtà presenti in rete che meriterebbero di essere citate; ma è bene ricordare anche che lo scopo di questo libro è di non essere mai semplicemente un elenco di siti (per questo esistono i motori di ricerca e gli indici di risorse), ma uno spunto di avvio (tecnico, pratico, contenutistico) per supportare la navigazione degli utenti, constatando tra l'altro che lo spirito di volontariato di molte associazioni e gruppi che offrono servizi a disabili è perfettamente confacente all'ipertestualità della rete che offre visibilità (con una fitta rete di rimandi fra i siti delle rispettive associazioni) a tutti gli operatori.

Stabilito così che la rete offre un universo di possibilità per chi si occupa di handicap e per i disabili stessi, uno dei possibili problemi, che si può considerare anche come una delle tante battaglie che andrebbero combattute (anche attraverso Internet), riguarda la necessità di fornire gratuitamente ai disabili, e agli operatori, attrezzature informatico/telematiche adeguate alle varie e specifiche tipologie di handicap. Il computer può essere considerato alla stregua di uno strumento indispensabile e i costi della connessione a Internet e della relativa bolletta telefonica potrebbero e dovrebbero essere coperti parzialmente o totalmente, a seconda dell'effettivo impiego da parte del disabile di questi strumenti.

Internet per bambini

Una delle polemiche più accese relative all'uso della rete si è sviluppata in questi anni attorno a una serie di articoli giornalistici e servizi televisivi che legano Internet alla pedofilia e alla pornografia. I toni apocalittici che la stampa ha spesso usato al riguardo hanno creato, in maniera ovviamente non del tutto ingiustificata, un sentimento di diffidenza che porta tipicamente a considerare la rete come uno strumento inadatto ai bambini. È davvero così?

A parte l'ovvia considerazione che Internet per i pedofili ha un ruolo strumentale, come altri mezzi di comunicazione e di spostamento, e che nessuno ha mai pensato di mettere al bando la stampa anche se esistono riviste (più o meno clandestine) per pedofili, o di limitare i viaggi aerei anche se moltissimi pedofili usano l'aereo per andare in Thailandia in cerca di minori, non si può negare che il problema sussista.

Come più volte ricordato, la rete Internet è strutturata per favorire la circolazione dell'informazione, che in alcuni casi può essere pubblicata e veicolata anonimamente. Questa possibilità sembra garantire l'impunità per la pubblicazione di informazioni illegali (come avviene nel caso di contenuti inerenti alla pedofilia). Tuttavia, va ricordato che di ogni collegamento a Internet vengono registrate dal fornitore di accesso tracce molto precise (chi si è collegato, quando, quale indirizzo IP gli è stato assegnato, quali siti ha visitato e quali informazioni ha richiesto). In linea di principio, dunque, il fatto di immettere in rete in maniera anonima informazioni illegali non garantisce affatto l'impunità; al contrario, proprio la facilità nell'identificare le 'tracce informatiche' di chi naviga in rete ha permesso agli organi giudiziari molti importanti successi nella lotta alle reti di pedofili.

Ciò non vuol dire, naturalmente, che utenti particolarmente abili non siano in grado, in molti casi, di mascherare le proprie tracce in rete, né che la rete non venga utilizzata come strumento per far circolare informazione inadatta ai bambini, e spesso illegale. Ma questo dato di fatto non deve far dimenticare che le informazioni 'illegali' non sono affatto maggioritarie nel variegato universo informativo offerto dalla rete, e che non è detto che la loro individuazione sia così semplice come appare da taluni articoli e servizi giornalistici d'effetto.

È bene sottolineare, d'altro canto, che la rete offre una notevole quantità di informazioni adatte all'infanzia e, meglio ancora, mirate a essere di aiuto alla formazione dei più piccoli. Se da un lato esiste un rischio effettivo che giovani e giovanissimi possano raggiungere informazioni riservate ai soli adulti, dall'altro è anche vero che iniziano a diffondersi strumenti efficienti per guidare la navigazione dei bambini verso rotte sicure.

Negli ultimi anni sono così nate delle raccolte di siti controllati da équipe di esperti e psicologi infantili che garantiscono la fruibilità anche ai bambini più piccoli. Fra questi siti molti sono di ausilio alla normale didattica scolastica, altri di puro intrattenimento; tutti si propongono di stimolare l'innata curiosità e la fame di conoscenza infantile.

Figura 76
Figura 76 La coloratissima home page di Junior

Un primo consiglio, frutto più del buon senso che dell'esperienza accumulata sulla rete, ci porta dunque a suggerire di seguire, per quanto possibile, la navigazione dei bambini, percorrendo insieme passo passo le prime esperienze sulla rete. Per fare questo possiamo iniziare le nostre navigazioni da siti come MaMaMedia (http://www.mamamedia.com/), progettato e sviluppato da un gruppo di docenti del MIT (Massachusetts Institute of Technology) per stimolare in maniera tutta positiva la creatività infantile. O gironzolare liberamente nel bel sito della Disney, di cui esiste anche una versione in italiano (http://www.disney.it/), o in quello altrettanto spettacolare e colorato predisposto dalla RAI, Junior (http://www.junior.rai.it/).

Ci sono poi i numerosi siti dedicati sia ai bambini sia ai genitori come Infanzia Web (http://www.infanziaweb.it/), Bambini.it (http://www.bambini.it/), Casa sull'albero (http://www.casasullalbero.it/), e moltissimi altri i cui indirizzi si possono trovare sui vari cataloghi di risorse in rete, tra cui segnaliamo in particolare il portale Junior di Virgilio (http://junior.virgilio.it/), e quello Merenda di Tiscali (http://merenda.tiscali.it/).

In ogni caso è bene considerare anche la possibilità che proprio la diffusione dell'informazione giornalistica che sottolinea la presenza di certi contenuti in rete, possa finire per suscitare la curiosità e la voglia di impadronirsi del computer per avviare, con tutto il gusto del proibito e il fascino della tecnologia, una navigazione solitaria sulla rete. Considerando il naturale feeling che i giovani hanno con le nuove tecnologie, e considerando che a un genitore può certo capitare di lasciare il computer acceso e senza password, può essere a volte opportuno, in presenza di bambini, mettere in funzione alcuni degli strumenti volti alla tutela dei minori offerti dai moderni browser. La tecnologia PICS (Platform for Internet Content Selection) definita dal W3 Consortium - ne vedremo poi il funzionamento nel dettaglio - aiuta a guidare le navigazioni lontano da contenuti scabrosi o potenzialmente dannosi per i minori. PICS permette di qualificare i siti Web in base ai contenuti, che vengono esaminati e catalogati da apposite agenzie indipendenti (la più nota fra queste è la Recreational Software Advisory Council, il cui sito Web è all'indirizzo http://www.rsac.org/). Le ultime generazioni di browser supportano PICS in maniera nativa: per abilitare la protezione sui contenuti con Explorer è necessario accedere alla finestra di configurazione, mediante il menu 'Strumenti, Opzioni Internet', per poi selezionare la scheda 'Contenuto' e rendere attive le restrizioni di accesso nella sezione 'Contenuto verificato'; naturalmente è bene ricordarsi di attivare la protezione mediante password della configurazione. Con Netscape, invece, è necessario connettersi al sito http://www.netscape.com/communicator/netwatch/ e seguire le istruzioni fornite. In alternativa esistono numerosi software di terze parti che consentono di porre dei vincoli alla navigazione sul Web.

L'opportunità effettiva di far ricorso a queste forme di 'censura preventiva' andrà comunque valutata caso per caso, in relazione all'età e alla maturità dei bambini. Non è solo la rete, ma anche il mondo reale a essere ricco di contenuti tutt'altro che piacevoli o condivisibili, e una visita all'edicola sotto casa non è necessariamente più innocente di una navigazione in Internet. D'altro canto, anche se esercitata a fin di bene, la censura presenta sempre aspetti rischiosi: siamo sicuri che gli effetti psicologici di divieti e restrizioni, più o meno palesi, non finiscano per rivelarsi più nocivi della visione di qualche pagina di ciberpornografia?

Note

  1. (torna) F. Tönnies, Gemeinschaft und Gesellschaft, Leipzig 1887 (trad. it. Comunità e società, Edizioni di Comunità, Milano 1963).
  2. (torna) Si veda H. Rheingold, The Virtual Community. Homesteading on the Electronic Frontier, Addison Wesley, Reading (Mass.) 1993, revised edition The MIT Press, Cambridge (Mass.) 2000 (trad. it. della prima edizione: Comunità virtuali, Sperling & Kupfer, Milano 1994).
  3. (torna) Rheingold, ivi (trad. it.), p. 5.
  4. (torna) Una dimostrazione dello spirito solidale che anima i frequentatori del ciberspazio, secondo Rheingold, è costituita dalla prevalenza dell'economia del dono negli scambi di risorse sulla rete. E ricorda a questo proposito la disponibilità con cui esperti e professionisti di un certo settore forniscono consigli e supporto ai membri meno abili nell'ambito di un gruppo di discussione.
  5. (torna) Per supplire alla mancanza di informazioni non verbali si sono sviluppate degli espedienti simbolici. Ad esempio le 'emoticons', simboli convenzionali che cercano di trasferire nella comunicazione scritta segnali emotivi in genere veicolati da tratti soprasegmentali e gestuali della comunicazione orale: la faccina triste ':-(' indica uno stato d'animo di sconforto, mentre quella che sorride ':-)' segnala un atteggiamento allegro o scherzoso (le emoticons di norma vanno interpretate ruotandole di novanta gradi).
  6. (torna) Sono note le ricerche di Sara Kiesler, psicologa sociale, che ha studiato la comunicazione elettronica nel contesto aziendale. I risultati della sua ricerca hanno dimostrato come, all'interno di comunità lavorative, relazioni gerarchiche ben delineate vengano attenuate, o addirittura scompaiano, quando i contatti interpersonali sono affidati alla posta elettronica. Molti dipendenti, infatti, rivelano attraverso la corrispondenza elettronica personalità estroverse, acquisendo la capacità di contraddire i propri superiori - rispetto ai quali, durante lo svolgimento delle normali attività lavorative, dimostrano invece subordinazione e timore - e di proporre soluzioni e indirizzi lavorativi personali e originali. Sebbene questi risultati siano stati successivamente criticati, essi dimostrano come la CMC rimoduli in forme non sempre prevedibili i rapporti sociali. Su questi si veda L. Paccagnella, La comunicazione al computer, Il Mulino, Bologna 2000.
  7. (torna) Intervista dal titolo Internet e l'educazione: la necessità dell'individuo di pensare criticamente, disponibile sul sito di Mediamente (http://www.mediamente.rai.it/biblioteca/biblio.asp?id=301&tab=int).
  8. (torna) Su 'The Well' si veda anche K. Hafner, The Well: A Story of Love, Death and Real Life in the Seminal Online Community, Carroll & Graf, New York 2001.
  9. (torna) Il termine è ripreso dal popolarissimo gioco di ruolo Dungeons & Dragons. Per evitare l'identificazione troppo stretta fra i MUD e le particolari atmosfere di gioco legate al mondo fantasy di Dungeons & Dragons, è assai diffuso anche lo scioglimento della sigla MUD come 'Multi User Dimension'.
  10. (torna) Il proliferare di esperienze simili ai MUD dal 1979 a oggi è impressionante. Menzioniamo almeno alcune delle forme più comuni: dagli originari MUD sono nati dei siti meno ludici e più socializzanti, dove ci si ritrova solo per stare insieme (e in questo caso l'acronimo viene letto come Multi-User Dimension o Multi-User Dialogue); esistono dei luoghi virtuali dove si reinterpretano le vicende vissute dai protagonisti di un romanzo di fantascienza o di un serial televisivo (in questo caso si parla di MUSE, Multi-User Simulated Environment); i MOO (Multi-users dimensions, Object-Oriented) sono dei giochi dove è possibile non solo partecipare, ma anche creare, attraverso appositi linguaggi di programmazione, parti del gioco collettivo.
  11. (torna) Il termine 'avatar' è derivato dalla religione induista: nell'induismo, un avatar è un dio che scende nel mondo umano, sotto forma di persona, per la durata di una vita. A differenza di quanto avviene nel caso del concetto cristiano di 'incarnazione', il concetto induista di avatar non richiede che il dio fatto persona sia soggetto alle sofferenze umane; inoltre, uno stesso dio può avere nello stesso momento più avatar 'parziali' (amshas).
    In campo informatico, il termine 'avatar' è stato utilizzato prima in alcuni giochi di ruolo, e si è progressivamente esteso a caratterizzare l'alter-ego grafico che rappresenta un utente in ambienti di rete bidimensionali e, soprattutto, tridimensionali. In questi casi, all'utente è spesso chiesto di scegliere caratteristiche e aspetto fisico del personaggio che lo rappresenterà, e che sarà visibile agli altri utenti collegati.
    La letteratura di fantascienza ha sviluppato il tema, immaginando un futuro in cui le interazioni sociali in rete, mediate dagli avatar dei partecipanti, acquisteranno un peso sociale di grande rilievo. Un buon esempio può essere dato dal ciclo Otherland di Tad Williamson, che si svolge in buona parte in un ciberspazio condiviso, all'interno del quale i personaggi della narrazione interagiscono attraverso propri avatar, più o meno sofisticati.
  12. (torna) Associare nel MUD il proprio personaggio a una password garantisce l'identità del giocatore, ma non implica che l'utente debba in qualche modo rivelare la propria identità anagrafica. Nella maggior parte dei MUD è, infatti, possibile giocare anonimamente.
  13. (torna) È talvolta utilizzato al riguardo anche l'acronimo MMPOG.
  14. (torna) Strettamente parlando, si tratta di un MMORPG: Massive Multiplayer Online Role Playing Game.
  15. (torna) Per avere un'idea di almeno alcune fra le tematiche discusse, cfr. P. Curtis e D.A. Nicholas, MUDs Grow Up: Social Virtual Reality in the Real World, Xerox Parc, Palo Alto 1993; B. Laurel, Computers As Theater, Addison Wesley, New York 1991; S. Turkle, La vita sullo schermo, Apogeo, Milano 1997.
  16. (torna) L'articolo, in formato PDF, è disponibile alla URL http://papers.ssrn.com/ sol3/ papers.cfm? abstract_id= 294828.
  17. (torna) La citazione è dalla pagina http://msnbc-cnet.com.com/2100-1040-823260.html.
  18. (torna) La citazione è dalla pagina http://www.legendmud.org/raph/gaming/playerrights.html.
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